图书标签: poems 文学 tr. Venuti
发表于2024-12-29
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Rediscovery of a stunning achievement in modern Italian poetry.
At the start of a promising career, Antonia Pozzi (1912-1938) committed suicide, leaving behind several hundred poems known only to her closest friends. The posthumous publication of this work led Eugenio Montale to praise Pozzi's "desire to reduce the weight of words to the minimum." Her Modernist verse is lyrical and experimental, pastoral and erotic, powerfully evoking the northern Italian landscape and her personal tragedies amid the repressive climate of Fascism. Breath contains a representative selection of Pozzi's poems in an Italian/ English bilingual format along with a number of her letters. In an introductory essay, editor-translator Lawrence Venuti documents her tormented life, considers her sophisticated thinking about her writing, and sketches the rich literary traditions that she inherited, creating a detailed context in which her poems can be more fully appreciated. The translations affiliate Pozzi's poetry with the work of comparable English-language writers such as H.D., Mina Loy, and Lorine Niedecker, establishing in translation what Pozzi lacked in Italian: a tradition of Modernist women's poetries.
CONTRIBUTORS: Lawrence Venuti.
Endorsements:
"A thoughtful, elegant and very much needed volume. Pozzi is one of Italy's most accomplished women poets. Venuti's excellent introduction and sensitive translations will finally bring her art to a wider readership."—Rebecca West, Professor of Italian and Cinema/Media Studies, University of Chicago
"Antonia Pozzi is a modern Italian woman writer of extraordinary lyric gifts. This elegant translation brings her poignant, precise work into English, and helps to place it in traditions of modernist women's writing."—Rachel Blau DuPlessis, author The Pink Guitar: Writing as Feminist Practice
Awards/Recognition:
Chosen as one of three finalists for PEN American Center's Award for Poetry in Translation 2003
Lawrence Venuti is Professor of English at Temple University. His latest books include The Scandals of Translation: Towards an Ethics of Difference (1998) and the translation of Juan Rodolfo Wilcock's The Temple of Iconoclasts (2000).
Antonia Pozzi (Milano, 13 febbraio 1912 – Milano, 3 dicembre 1938) è stata una poetessa italiana.
Figlia di Roberto, importante avvocato milanese e della contessa Lina Cavagna Sangiuliani, nipote di Tommaso Grossi, scrive le prime poesie ancora adolescente. Studia nel liceo classico Manzoni di Milano, dove inizia con il suo professore di latino e greco, Antonio Maria Cervi, una relazione che, a causa dei pesanti ostacoli frapposti dalla famiglia Pozzi, verrà interrotta dal Cervi nel 1933, procurandole la depressione - «e tu sei entrata / nella strada del morire», scrive di sé in quell'anno - che contribuirà a condurla al suicidio.
Nel 1930 si iscrive alla facoltà di filologia dell'Università statale di Milano, frequentando coetanei quali Vittorio Sereni, suo amico fraterno, Enzo Paci, Luciano Anceschi, Remo Cantoni, del quale sembra si innamorasse non ricambiata, le lezioni del germanista Vincenzo Errante e del docente di estetica Antonio Banfi, forse il più aperto e moderno docente universitario italiano del tempo, col quale si laurea nel 1935 discutendo una tesi su Gustave Flaubert.
Con una ragazza che frequentava il gruppo del professore Banfi, ebbe un reciproco turbamento sensuale, e in una lettera a Sereni scrisse: «Mi ha perfino detto che quando mi vede le viene una gran voglia di baciarmi...non mi è mai capitata una faccenda simile e ti assicuro che non ci capisco niente»[1]. Antonia in seguito "le dice di essere innamorata di lei, decidono di recitare la parte delle fidanzate: si tengono per mano, si baciano sulla bocca"[2].
Tiene un diario e scrive lettere che manifestano i suoi tanti interessi culturali, coltiva la fotografia, ama le lunghe escursioni in bicicletta, progetta un romanzo storico sulla Lombardia, conosce il tedesco, il francese e l'inglese, viaggia, pur brevemente, oltre che in Italia, in Francia, Austria, Germania e Inghilterra ma il suo luogo prediletto è la settecentesca villa di famiglia, a Pasturo, ai piedi delle Grigne, dove è la sua biblioteca e dove studia, scrive e cerca un sollievo nel contatto con la natura solitaria e severa della montagna. Di questi luoghi si trovano descrizioni, sfondi ed echi espliciti nelle sue poesie; mai invece degli eleganti ambienti milanesi, che pure conosceva bene.
La grande italianista Maria Corti che la conobbe all'università, disse che «il suo spirito faceva pensare a quelle piante di montagna che possono espandersi solo ai margini dei crepacci, sull'orlo degli abissi. Era un'ipersensibile, dalla dolce angoscia creativa, ma insieme una donna dal carattere forte e con una bella intelligenza filosofica; fu forse preda innocente di una paranoica censura paterna su vita e poesie. Senza dubbio fu in crisi con il chiuso ambiente religioso familiare. La terra lombarda amatissima, la natura di piante e fiumi la consolava certo più dei suoi simili».
Avverte certamente il cupo clima politico italiano ed europeo: le leggi razziali del 1938 colpiscono alcuni dei suoi amici più cari; «forse l'età delle parole è finita per sempre», scrive quell'anno a Sereni.
Nel suo biglietto di addio ai genitori scrive di disperazione mortale e si uccide con i barbiturici. La famiglia negherà la circostanza «scandalosa» del suicidio, attribuendo la morte a polmonite; il suo testamento fu però distrutto dal padre, che manipolò anche le sue poesie, scritte su quaderni e allora ancora tutte inedite; la storia d'amore con il Cervi sarà falsamente descritta come una relazione platonica.
È sepolta nel piccolo cimitero di Pasturo: il monumento funebre, un bellissimo Cristo in bronzo, è opera dello scultore Giannino Castiglioni.
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